martedì 8 aprile 2014

Le poesie di Valdo Immovilli



Valdo Immovilli è nato a Reggio Emilia. Attualmente vive ad Albinea. Le sue prime poesie sono uscite all’inizio degli anni ’70 sulla rivista TAM TAM, diretta da Adriano Spatola. Per diversi anni ha collaborato con TAM TAM e le edizioni GEIGER. Ha pubblicato il suo primo libro nel 1977, con il titolo sarcastico e provocatorio “Mi faranno santo”, iniziando un “viaggio” che trova una sua conclusione nel 9191 con la pubblicazione di “Parigi e le altre”. Le sue poesie sono state pubblicate in diverse riviste e antologie in Italia e all’estero. Recentemente ha pubblicato il suo primo romanzo "Il Cacciatore di Mosche" con lo pseudonimo di Aldo Komenov


* * * 


I love Neda
(poesia contro la distrazione di massa)


Tutto è stato detto, e tutto deve essere fatto.
E così sarà finché Neda muore.
Quanto tempo passerà ancora,
quante volte ancora Neda dovrà morire così,
ancora, stupidamente.

Oh, Neda, in questo preciso momento, che
sono le 4,52 ora di Roma, fuori albeggia:
gli usignoli cantano, e libera nell'aria
il gelsomino il suo profumo.

Tu dove sei, Neda, cosa hai mangiato oggi?
dove hai dormito, cosa ti ha detto tua madre
per rassicurarti, se è ancora viva,
se non è stata violentata o massacrata
nell'anima e nel corpo da qualcuno
che non sa, e non saprà forse mai che
poteva avere una alternativa migliore.

Stai con me Neda, resta ancora nei miei occhi
e nella mia memoria.
Non lasciare che la distrazione mi porti via.
Solo allora, solo quando io smetterò di distrarmi
tu potrai smettere di morire.


***


Io chi sono, dentro i confini
dove respiro.
Esisto nel mondo che penso
come l’erba
che non confina col prato
come foglie che filtrano la luce
e vivono di luce.
I pensieri sono come nuvole
senza confini, che poi si sciolgono
e anch’io.
Scrivere una poesia? Scriverla per te,
per parlarti per dirti chi siamo,
oltre i confini, dove ci perdiamo.


***


Scrivo una parola.
Come una luna piccola e acerba
in una notte d’inverno.
Un incontro per poco mancato
un conto perfetto che non torna
un amore che non viene ricambiato.
Una rosa fecondissima che solo
per pigrizia non germoglia.

Scrivo una parola, e la guardo.


* * *


Certe foglie ingialliscono
prima, sugli alberi
e nella vigna. Così l'autunno
giorno dopo giorno viene.
Quando l'inverno viene
viene anche il silenzio
nelle strade di campagna
dove cammino sotto la neve.
Anche la primavera viene.
Si sente il profumo
del biancospino bagnato
e delle foglie fresche.
E migliora il tempo
se migliora il cuore.
In estate è così chiaro il giorno
e le nuvole aperte volano
lontano.


***


Chissà a cosa pensano
i rami delle querce scarmigliati
dal vento.

E le cinciallegre
e i corvi mentre gracchiano
e le pecore che belano
e i leoni che ruggiscono.

Ma soprattutto noi:

più alberi degli alberi,
più usignoli degli usignoli,
più pecore delle pecore,
più conigli dei conigli.


da "Parigi e le altre" 1991


* * *


Personaggi ed interpreti


La donna amata
Margherita
I tre orfanelli
Orfeo
Il principe
Un certo numero di animaletti
Un vaso traboccante di lacrime
Altre lacrime
L’amante segreta di Orfeo
Un altro Orfeo
La notte
I giullari
Altre scomparse


* * *


Tutto questo senza parlare, senza gesti sconnessi
delle membra, senza emettere suoni, senza affollamenti,
senza promesse da appendere tra il fogliame
senza misure.

Noi non andremo al cinema in autunno (il dolce autunno),
bucheremo una gomma un giorno e resteremo impantanati
laggiù, a maledire l’ora e i santi.
Vedi quante formiche ci sono?
Facciamo tutte le prove, con calma:

Un vestito nuovo, le scarpe, l’asciugacapelli l’anellino,
la camicia da notte ; tutto pronto, tutto prenotato.
Senza dita tra i capelli, senza mani, senza palmi,
senza pelle, senza labbra....., senza labbra.


* * *


Da tre giorni ormai vivo ad umore costante.
Vista in tram di sfuggita,
non so cos’altro avrei potuto fare.
Non mi piace il mare
e il suo ondeggiare.
Poi di nuovo sul tuo
cavallo, e il posto
dove ci fermammo un giorno.
Già ti penso morbosamente e non so
cosa mettermi.


* * *


Che luna folle in cielo
questa notte
voglio scrivere la prossima poesia.


* * *


Salgo verso sera sulle colline con la
mia moto e già arrivato spengo anche
il motore se spaventa grilli e cavallette
in mezzo all’erba.
Lassù si vede: anche i corvi
che girano in agguato sul grano, ma non è
maturo e ancora le sue foglie hanno tempo
per accarezzarsi.
Il verde dei pini è il più strano,
e i fagiani s’affogano dentro la macchia
dove le tortore s’innamorano piano.


* * *


Ed eccola lei di nuovo che mi parla di Parigi passando
per la Spagna deliziosa col suo accento caldo meridionale.
Come se il passato e la realtà coincidessero per un istante.

Per te osservo quieto in questo maggio inoltrato alcuni
misteri che emergono dalla vita.
Il dolce miele naviga gli occhi, vedo alberi estivi in penombra
e mescolate lacrime mi prendono il cuore, vorrebbero cullarlo.

Ho dormito così poco questa notte attendendo
che l'aria ferma notturna rinfrescasse.
Verrai? Oggi verrai e mi dirai tra le belle
labbra socchiuse chi siamo noi: che noi siamo
la rigogliosa foglia che sempre rinasce.


* * *


Nevica suI tergicristallo.
(la neve è come la volevamo noi
come l’abbiamo sempre sognata)

Fumo allora questa sigaretta
tranquillamente.
Tranquillamente, rivedo il passaggio dei pini.

Aspetto, riapro la porta e la parentesi.


* * *


L’alba delle cose


Si accorse che il destino ancora una volta li aveva portati là, riconobbe il luogo e vide la porta d'oro illuminata dal sole.
Preso dall’entusiasmo provò a spingere, anche se sapeva bene quanto fosse inutile; cercò allora la chiave e la vide, ma non poteva alzarla da solo e nemmeno girarla nella toppa i giri necessari: tre volte a destra e poi avanti, e poi due a sinistra.
Cercò dunque aiuto, ma era come se il vento portasse via le parole, non riusciva a comunicare coi compagni: "ecco... siamo arrivati”, provò a dire, ma vide che tutti erano girati da un' altra parte e la sua voce era flebile. Riprovò di nuovo “siamo arrivati, l’abbiamo trovata, è la porta d’oro, ne avevamo parlato, vi ricordate?”
Era come se parlasse al vento, come se le parole svanissero nell’aria prima di raggiungere le orecchie.
Sapeva bene che tutto, tutto era là, dietro quella porta; tutti i sogni, tutte le speranze, tutte le risposte. Dietro quella porta c'era tutto ciò che gli uomini stanno cercando da sempre; il senso e l’origine della vita. Sapeva che gli uomini erano stati generati in quel luogo, venivano da là e là sarebbero ritornati, e questo era sicuro come una freccia che lanciata verso l'alto sicuramente ricadrà sulla terra. Improvvisamente sentì un dolore profondo; il cuore, che prima stava palpitando di gioia divenne pesante e affannoso, ebbe paura, sentì che la paura aveva il potere di portarlo via.
La paura generò un senso di colpa potentissimo: "è colpa tua, hai sbagliato" gli urlava feroce nelle orecchie, ma conosceva bene quella voce, e sapeva che questa volta non l’avrebbe ascoltata.
Cercò il respiro e si rifugiò in esso, come un bambino che si aggrappa al seno della madre. Vide che era solo, gli altri si stavano già allontanando, tornavano a valle. Era stata una splendida giornata, erano felici e tornavano con gioia alle loro cose; alla famiglia, al lavoro, alle loro occupazioni quotidiane.
La paura divenne fortissima, l'avvolse un senso profondo di solitudine; guardò verso il bosco, era autunno, le foglie cadevano dagli alberi girando allegramente su se stesse, come coriandoli. Il sole scendeva lentamente colorando le nuvole e il cielo, alcuni raggi limpidi sprigionavano una luce potentissima. La porta d'oro risplendeva, luminosa come uno specchio.

Immaginò, aveva molta fantasia, che una fata fosse uscita dal bosco e fosse venuta in suo soccorso; il cuore ritornò leggero e un sorriso lieve rigenerò le labbra. Salì su una roccia e si sporse, i compagni erano ormai lontani, pensò di chiamarli, ma quante possibilità aveva che lo sentissero? Se non lo avevano sentito quando erano vicini, come potevano sentirlo ora che si erano allontanati?
Molti dubbi apparvero nella sua mente. Era veramente quella la porta d’oro? Era lui in grado di presentare delle prove certe? E se non fosse altro che una fantasia? Una sua fantasia? Poteva rischiare di farli tornare indietro per nulla? Era come se la porta d’oro non fosse altro che un sogno, un’illusione.
Si avvicinò allora alla porta d’oro e provò a toccarla, ne sentì la consistenza, la superficie liscia perfettamente levigata, cercò un indizio, un segno, ma non trovò nulla.
Percepiva un ricordo vago, lontano. Sapeva di essere già stato in quel luogo, ma non aveva alcuna prova concreta; qualcosa che provasse l’esistenza di quel mondo, una prova certa.
Nulla, non trovò nulla. Il sole era ormai tramontato e anche la porta d’oro smise di brillare, non la vedeva più.
Si avviò allora verso valle, in cielo apparve la prima stella. Si era fatto tardi, allungò il passo e raggiunse i suoi compagni. “Dove sei stato?” gli chiesero. “ Oh, nulla, mi sono fermato a guardare il tramonto, è molto bello, a un certo punto ho avuto la sensazione... “ Stava per parlare della porta d’oro, ma poi si tacque, pensò che era una cosa troppo grande, si vergognò di credere a una simile leggenda. Se poi avesse detto “ma io l’ho vista, l’ho toccata”, sicuramente l’avrebbero deriso. Così, non disse nulla, e cercò di dimenticare, di convincersi che era stato davvero un sogno, uno scherzo della mente, una illusione. Ma per quanto si sforzasse, non riusciva a dimenticare, c’era in fondo al suo cuore una nostalgia, un profumo intenso, infinito.


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per ulteriori informazioni: 

Il Sito del Cacciatore di mosche

Pagina Facebook de "Il cacciatore di mosche"


Aldo Komenov è il poeta. Ma non solo perchè scrive poesie.Egli vive da poeta e nulla lo colpisce e lo orienta senza poesia. Nel suo romanzo tutto questo si manifesta con grazia, umanità, senso di democrazia con l'universo, il sogno e gli altri.Sono grata a lui per tutto quello che riesce a trasmettere e sono grata alla nostra pagina che ospita poeti che sanno esprimere davvero qualcosa. 
Una seconda lettura del romanzo, ha confermato la mia teoria di una storia che è la storia di tutti, nel paese dei ricordi e delle ambizioni.
Ogni personaggio assume l'importanza delle cose che viviamo e che forse non ci raccontiamo mai o troppo poco.

La poesia stessa, che ritorna spontaneamente, è ciò che manca ad ognuno di noi. E' una condivisione che va oltre la tipicità delle relazioni e dei confronti, diventando maggior ispirazione di benessere. Quest'ultimo, è la percezione finale. E' il vero "cammino" nel libro, con il libro. Un benessere che ti avvolge pagina dopo pagina, e ti accompagna in un mondo di "sogno" che ti appartiene, ed ha l'unica pretesa di essere "possibile", un bene reale, intelligente. (Sonia Tri) 

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