domenica 3 marzo 2013

Le poesie di Karol Józef Wojtyła




















La ragazza delusa in amore 


La sofferenza dei sentimenti è spesso misurata col mercurio
come la temperatura dell'aria o del corpo -
ma la sua misura va presa in altro modo...
(ma tu sei troppo al centro delle cose).
Se riuscissi a capire che non sei tu il fulcro delle cose
e Colui che lo è
neanche Lui trova amore -
- se riuscissi a capirlo!
A che serve il cuore umano?
La temperatura dell'universo è il cuore umano - e il mercurio.





* * *  



Storia dell'albero ferito 

1.
Tutt'intorno il frutteto, con gli alberi innestati.
Vi passeggiava Mieszko all'ombra, contemplandolo.
Non badava al giardiniere e non badava agli alberi, né agli innesti.

Pensava: non assaggerò questi frutti quando saranno maturi.
Lì assaggeranno i figli, nipoti e pronipoti.
Ma darà frutto il giardino? E quale frutto sarà considerato buono?

Il giardiniere non esita a incidere la scorza. Si fida dell'albero:
la vita sarà più forte del taglio, prenderà nuovo vigore...

A me stesso devo guardare come a un tronco -
anche attraverso di me cresce l'albero ferito.


2.
Perché attraverso di me deve crescere l'albero ferito?
Perché devo vedermi come un suo frutto?
Sono io la radice da cui spunto - quando fiorisco è mia la fioritura,
mio tutto il bello e il brutto saldati in un'unica forma,
il mio bene e il mio male riempiono la mia coscienza e da essa dipendono.
Quando il frutto si stacca dall'albero della storia - cade per il suo peso,
per la maturità dell'esistenza che lascia il suo segno,
E il segno lo risana.

L'albero non mi attirerà nelle sue vene: negli stretti della vita.
Io non accetto la sua scorza e neppure l'ombra che esso proietta...


3.
Eppure ho accolto l'albero ferito, anche se sempre lo contrasto.
L'ho accolto perché cresca attraverso di me e tutti i miei discendenti
e perché come frutti ne siamo partoriti -
come frutti del taglio in cui attecchisce  l'innesto.

Ho compreso: bisogna ferirlo per fare posto all'innesto.
Ho compreso: bisogna ferirlo perché ne stilli la vita.
Ho compreso: io devo aprirmi...
(si scostano i lembi della mia vita affinché il non-mio diventi mio -
ma non devono forse scostarsi così che anche il mio diventi non-mio?)


4.
Disse l'albero:
non temere, se sto morendo - non temere di morire con me,
non temere la morte - perchè, guarda, rivivo: la morte ha toccato soltanto la scorza.
Non temer di morire con me per rivivere. Il segno risanerà.
E in esso tutto tornerà a maturare -
Il frutto non cadrà per il suo peso.
L'albero restituirà i suoi frutti a chi l'ha innestato -
mangerete i frutti che su di Me crescono, su di Me, l'Albero ferito.

L'albero disse: "Su di Me" - non lo sentivo estraneo
tra Lui e me non sentivo più divario
(forse soltanto per un attimo?)
Io partivo, ma l'albero restava, abbracciando passato e futuro.


5.
Dissi: Ebbene, cresci e superami, poichè tale è la tua forza,
supera tutti gli uomini, oppure assorbiscili in te
(non si assorbiscono gli uomini, ma si può superarli:
si crea allora uno spazio dove ognuno ha il suo posto -
e ognuno resta se stesso pure ricominciando la vita).



* * * 



Lo spazio necessario alle gocce della pioggia di primavera


Posa un attimo lo sguardo sulle gocce di fresca pioggia:
vedi, in essa concentra la sua luce tutto il verde
delle foglie di primavera
e così quasi tutte si addensano nelle gocce, traboccando
dai propri confini.
e anche se i tuoi occhi sono pieni di stupore
non puoi davvero aprire tutto il tuo pensiero
Invano cercherai d'acquietarlo, come un bambino destato dal sonno:
non rinunciare al bagliore degli oggetti, resta, caro
nel tuo stupore!
Parole inutili! Come non senti? Per sua virtù
sei così immenso nel chiarore delle cose
che devi cercare per esse, in te, uno spazio migliore.



* * *  



Che vuol dire, che scorgo così tanto, se nulla vedo,
quando dietro l’orizzonte l’ultimo uccello è già disceso,
quando l’onda nel vetro l’ha nascosto
ancora più in basso son calato,
immergendomi assieme all’uccello nella corrente del freddo vetro.

Quanto più tendo lo sguardo, tanto meno vedo,
e l’acqua china sul sole tanto più il riflesso avvicina,
quanto più lontana dal sole la scinde l’ombra,
quanto più lontana l’ombra dal sole scinde la mia vita.

Dunque nell’oscurità c’è tanta luce,
quanta vita c’è in una rosa dischiusa,
quanto dio che scende
sulla riva dell’anima.


(Dal poema: “Canto del Dio nascosto”) 



* * *  











2 commenti:

  1. C'è una luce oltre l' ombra, c' è vita oltre la morte, quanta vita c' è in una rosa che sboccia, quanto "un dio che scende sulle rive dell' anima" .Un dio nascosto che bisogna scoprire, per non affondare nel buio. C' è molta umanità in questi versi: c' è il dubbio e la Fede che illumina e dà certezza.

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  2. E' un grande dono riuscire a non essere al centro delle cose. Stare o non stare al centro delle cose puo' anche essere una conquista.

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